miércoles, 27 de octubre de 2010

2 succhi e un sandwich



2 succhi, papaia e arancia

zucchero e ghiaccio?

Senza zucchero con ghiaccio

Senza zucchero con ghiaccio?

Si esattamente, senza zucchero con ghiaccio

E UN SANDWICH PROSCIUTTO E FORMAGGIO

COME???

UN SANDWICH PROSCIUTTO E FORMAGGIO PER FAVORE!!!

AH!

Fa okkei con la mano

Sflilo una cannuccia dal contenitore. Bel colore.

Non presto attenzione alla conversazione. Ripeto i come no e i hai ragione di rito e penso ai fatti miei.

Rimetto la cannuccia al suo posto.

Lo sguardo ferma una signora sola al bancone.

Si pulisce le unghie. Con una cannuccia.

La rimette nel contenitore.

Buon appetito sbiascica la cameriera sbattendoci la colazione sul tavolo.

La signora sfila un'altra cannuccia.

Rossa.

Osserva le sue unghie.

martes, 26 de octubre de 2010

Deodorante



Mentre la cassiera incurante di me mandava un messaggio a chissà chi, mi guardavo intorno annoiata.

La farmacia, triste.

Simile ad un magazzino, era quasi vuota.

3 impiegate apaticamente allungate sul bancone in fondo.

Una donna, di mezza età.

Vestiti anonimi, nulla chiamava l’attenzione.

Non sembrava aver fretta

Io nemmeno.

La osservai mentre passava uno ad uno tutti i deodoranti per ascelle sul suo braccio.

Apri, passa una striscia, odora. Smorfia.

Richiudi, riponi sullo scaffale.

5 minuti dopo uscì.

Non ne comprò nemmeno uno.

5 reales, psssss oi senhorita 5 reales ripeteva la cassiera.

Non avevo mica fretta.

Schiuma bianca

Camminava attentamente davanti a me.

Il vestito sopra il ginocchio le sosteneva il corpo leggermente molle.

35 forse 38.

Le scarpe da signora fuori moda dicevano quasi quaranta.

Giró il collo. Sputó nel canale di sgorgo della strada.

La schiuma bianca galleggió qualche istante poi il tombino la ingoió.

Fissava dritto.

Il giorno che mia madre mi chiamó


Il giorno che mia madre mi chiamó per dirmi che mio nonno era morto stavo comprando una caffettiera. In uno di quei negozi sottocosto, píeni di porcherie scadenti.

Mi vergognai.

Pensai che era un luogo indegno per ricevere una noticia del genere. Come quando ti beccano con le dita nel naso a messa in chiesa.

Il cellulare aveva suonato giá una volta. Non sento, riattacco, dicevo allo stridolío eletronico all’altro lato dell’apparecchio.

5 minuti dopo, risuona. 50% cotone, 50% poliestere leggevo con gli occhi. Il nonno è morto diceva la voce al telefono.

Va bene, adesso ti richiamo da casa. Riattacco. Merda.

Alzo gli occhi. Il magazzino sembra un circo felliniano. Surrealista, barrocco.

Gli abbasso. Oggi non è tempo per pensare alla decadenza.

É luglio. Non piove piú. Cammino e non penso a niente.

É luglio e non fa caldo. Solo piove qui a Salvador. L’acqua scende e scende.

É l’inverno di qua mi ripetono tutti. Bella schifezza dico a me stessa.

Le cicale stridono. Ho sempre pensato che siano animali sordi. Non sopporterebbero quel rumore se potessero ascoltarlo.

L’aria frigge. Il calore ti abbassa le palpebre. Nel giardino corpi sudati respirano all’ombra, affannosamente.

Mio nonno dorme, placidamente. Sempre nello stesso punto della veranda. Vicino ai buganvilla, fucsia. Occhiali da sole, bocca aperta, gambe alzate.

Al caldo, mio nonno il solo dorme.

Il nonno, l’africano, qualcuno susurra. Nessuno apre gli occhi. Tutti sorridono.

Le cicale, mio nonno. Ormai non so sé penso piú a l’uno o all’altro.

Mio nonno, l’africano.

É luglio e non fa caldo.

Non ci sono cicale in questo posto.

Solo Piove.

E mio nonno dorme al sole.